La criminalità giovanile in Italia assume forme che hanno bisogno di una lettura attenta e priva di semplificazioni: non è (solo) un fenomeno episodico, né esclusivamente legato al “mal’essere” individuale, ma sempre più al socrapporsi e all’interazione di condizioni familiari, scolastiche, economiche, sociali e culturali.

Secondo i dati più recenti raccolti nel 2024, il numero di reati commessi contro i minori ha superato per la prima volta la soglia dei 7.000 casi (7.204, +4% rispetto al 2023) e su base decennale è cresciuto del 35% (dove le bambine e le ragazze si confermano le più colpite, sono il 63% delle vittime). Allo stesso tempo, pur diminuendo il numero totale degli omicidi volontari del paese, la percentuale di omicidi commessi da minori è salita all’11% e le vittime minorenni rappresentano il 7%. Questi dati mostrano che, anche in un contesto generale di calo della violenza estrema, i giovani rimangono particolarmente coinvolti – come autori o come vittime —  in situazione di vulnerabilità sempre più crescente.

I fattori di rischio

Per capire al meglio il fenomeno, risulta opportuno una analisi concreta dei contesti che favoriscono l’emersione di comportamenti devianti dei giovani.

Famiglia e relazione immediate: quando il nucleo familiare è segnato da instabilità – genitori assenti, conflitti costanti, reddito ridotto o disoccupazione, scardo sostegno educativo … sono tutti possibili ragioni per cui un giovane rischia di trovarsi senza punti di riferimento, senza un senso di appartenenza e prospettive. Questa condizione favorisce l’ingresso in gruppi devianti o la scelta di comportamenti trasgressivi come strategia di affermazione o fuga. I dati indicano un importante aumento di maltrattamenti in famiglia nei reati sui minori: nel 2024 i casi sono stati 2.975, con un +5% rispetto al 2023 e un +101% rispetto a dodici anni fa.

Scuola e percorso formativo: una scuola che non offre strumenti educativi adeguati – laboratori, tutoraggio, orientamento, ambiente stimolante – o uno studente che vive il fallimento scolastico può percepire l’istruzione come inutile. Il mancato coinvolgimento scolastico riduce drasticamente la capacità di progettare il proprio futuro: ciò spinge verso alternative anche devianti. Se la scuola non è rete di protezione, il rischio di devianza cresce.

Condizioni economiche e contesti territoriali: i quartieri segnati dalla povertà, dall’occupazione giovanile elevata, dall’assenza di infrastrutture sociali danno terreno fertile per comportamenti antisociali. La percezione di mancanza di sbocchi può rendere più “legittima” la scelta della devianza come forma di appartenenza o di guadagno. In questi contesti il rischio si amplifica se non esistono dei percorsi di valorizzazione del giovane.

Reti sociali e mondo digitale: la componente digitale non è solo mediazione, ma attiva: il reclutamento in gang, l’emulazione violenta, la normalizzazione del possesso di armi o della sopraffazione sono favoriti da spazi online scarsamente controllati. Il rapporto recente segnala che tra i reati a danno di minori nel 2024 la pornografia minorile è aumentata del 63% e la detenzione di materiale pedopornografico del 36%.

Interazione dei fattori: nessuno di questi elementi può essere considerato isolatamente. Un ragazzo che cresce in un nucleo familiare instabile, frequenta una scuola sfilacciata, vive in un quartiere con poche opportunità e ha accesso disinvolto al mondo digitale è significativamente più vulnerabile. Le traiettorie di devianza si costruiscono su questa sovrapposizione di fragilità e mancanza di protezione.

La funzione educativa della pena del diritto minorile

L’ordinamento italiano attribuisce al sistema penale minorile una finalità pressochè rieducativa, non solo sanzionatoria. La legge considera l’imputabilità del minore, il suo grado di maturazione ed evita che l’intervento giudiziario diventi etichettante. Il modello normativo , in particolare l’articolo 6 del Decreto del Presidente della Repubblica 448 del 1988 prevede che l’autorità giudiziaria avvalga i servizi per i minorenni, i servizi sociali e sanitari in ogni stato e grado del procedimento. La detenzione minorile è prevista come extrema rario: l’obiettivo è che l’intervento favorisca la responsabilizzazione, l’inclusione sociale e la riduzione del danno alla personalità del minore.

Ciò implica che la misura sanzionatoria debba essere integrata con misure non detentive (affidamento, messa alla prova, comunità educative), orientate al reinserimento. Solo in questo quadro la funzione della pena diventa educativa: non semplicemente “pagare” l’errore, ma ricominciare con dignità e prospettiva. In tale visione, l’intervento penale minorile richiede sinergia tra sistema giudiziario, sistema educativo, sistema sanitario e tessuto sociale.

Esempi di reinserimento efficaci e strategie pratiche

Per poter incidere davvero sulla criminalità giovanile, occorre un intervento che agisca in tre fasi: prima del reato (prevenzione), durante la misura (intervento educativo) e dopo la sanzione (reinserimento). Un esempio significativo in Italia è il progetto “Liberi di scegliere” (promosso dal Ministero della Giustizia e co‑finanziato dal Fondo Sociale Europeo), che ha operato nelle aree ad alto rischio delle Corti d’Appello di Calabria, Campania e Catania (Sud Italia) , offrendo formazione, orientamento al lavoro, supporto individualizzato e accompagnamento sociale a giovani vulnerabili. L’accompagnamento individuale, il sostegno alla formazione e l’ingresso nel mondo del lavoro hanno rappresentato la chiave di volta. (Dati ufficiali riportano 83 giovani coinvolti in tale progetto). Un altro elemento cruciale è la fase “dopo”: non basta l’intervento nel momento della sanzione, se non si attiva un percorso di uscita dal circuito della devianza con tutoraggio, lavoro, rete sociale. Queste misure sono previste dall’ordinamento minorile e devono essere potenziate.

In ultimo, la prevenzione. Azioni nelle scuole (percorsi di educazione sociale, orientamento, lavoro ), nei quartieri (sviluppo di infrastrutture, partecipazione giovanile, sport, cultura) e nel mondo digitale (alfabetizzazione ai rischi, media education, spazi protetti) … rappresentano investimenti indispensabili. Offrire un’alternativa concreta alla devianza significa dare un progetto di vita. È questa l’essenza della risposta al fenomeno: non solo ridurre i numeri, ma cambiare il futuro.

 

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