In Italia insegnare la storia nelle scuole è spesso improntato verso la memorizzazione di date, nomi e eventi, dando poco spazio a connessioni tra presente e passato o storytelling. I giovani di oggi spesso vedono la storia come una lista di fatti morti, invece che una narrativa che gli parla. In tanti non la studiano a fondo, il risultato? Generazioni sempre più storicamente ignoranti e meno curiosi delle proprie radici culturali.

Un problema ricorrente è il modo in cui il programma si interrompe sempre nello stesso punto: il 1945. Lo racconta bene una frase della rivista italiana The Vision:

“Non c’è una legge che impedisca a un insegnante di superare il bastione del 1945. Ci sono però svariati motivi che non fanno addentrare gli studenti nelle vicende della seconda metà del Novecento, e probabilmente il principale è il tempo. Qualche anno fa venne fuori un sondaggio, realizzato a due settimane dagli esami di maturità, in cui veniva mostrato a che punto fossero gli studenti italiani con il programma di Storia. Il 25% non era arrivato nemmeno alla seconda guerra mondiale.”

Un quarto degli studenti italiani finisce le superiori senza sapere nulla sulla Guerra fredda, terrorismo e delle molteplici trasformazioni sociali che ci hanno portato dove siamo noi ora. Eppure questi temi aiuterebbero tantissimo per comprendere il presente ed osservare con sguardo critico il mondo di oggi.

Secondo un sondaggio condotto dall’ANSA nel giugno 2025, solo il 37% degli studenti italiani arriva a studiare la storia fino all’oggi, mentre circa il 50% si ferma alla Seconda guerra mondiale e un ulteriore 10% non riesce nemmeno a trattare quel periodo in modo completo. Dallo stesso sondaggio emerge che più di uno studente su due avrebbe voluto approfondire il secondo dopoguerra e gli anni Settanta, ma che le lezioni non hanno fatto in tempo a coprirli a causa della mole dei programmi.

Anche un’analisi pubblicata da EduNews24 nel 2024 mette in luce forti disuguaglianze: nei licei classici e scientifici è più comune arrivare almeno agli anni Novanta, mentre negli istituti tecnici e professionali le lezioni si fermano molto prima, spesso per mancanza di tempo o di continuità didattica. In molte scuole del Sud, il problema appare ancora più forte da carenze di personale e dalla difficoltà nel reperire materiali aggiornati o digitali per la didattica della storia contemporanea.

Già nel 2015, secondo un’inchiesta de Il Fatto Quotidiano, il 43% dei maturandi dichiarava di essersi fermato alla Seconda guerra mondiale. Per quanto riguardo il mondo pedagogico, diversi ricercatori dell’Università di Bologna e della Sapienza di Roma hanno spiegato come l’approccio nozionistico, ancora dominante, sia la causa principale del disinteresse degli studenti. In un rapporto del 2023, il professor Andrea Zannini ha spiegato che “la storia viene ancora insegnata come un archivio, non come una lente per comprendere la società”, e che la maggior parte dei docenti lamenta “la mancanza di tempo per costruire percorsi trasversali che colleghino passato e attualità

In questo drammatico quadro si inserisce perfettamente la figura ormai celebre di Barbero Alessandro. Nato a Torino il 30 aprile del 1959, laureato in letteratura e storia medievale e professore universitario, Barbero ha saputo attuale una mini evoluzione sul piano dell’insegnamento: rendere la storia interessante. Non la riassume, non la “spettegolezza”, ma la restituisce alla platea in maniera naturale, quella del racconto. Nei suoi incontri pubblici, video, programmi televisivi e nei libri riesce a fondere la precisione dello studioso e la passione del narratore. Niente è buttato lì per caso, eppure con i suoi gesti e il suo carisma tutto risulta comprensibile, anche a chi non ha mai aperto un libro di storia!

Negli ultimi anni, Barbero ha tenuto tantissime conferenze non solo in italia ma anche all’estero: dai festival ai teatri, come “Un’altra storia: Alessandro Barbero racconta San Francesco” al Teatro Celebrazioni di Bologna il 7 aprile 2025, o Incontro con Alessandro Barbero” al Teatro Era il 4 giugno dello stesso anno. Ma la sua voce non solo riempie le piazze e sale, ma soprattutto finisce online (diventando anche metodo di insegnamento nelle scuole), dove vengono viste da milioni di persone. Su Youtube, per esempio, si trovano lezioni come “Alessandro Barbero – Seconda Guerra Mondiale”  o “Come l’Italia è diventata Fascista” che hanno superato le milioni di visualizzazioni. E poi ci sono i podcast e le trasmissioni televisive come “Chiedilo a Barbero”, dove risponde direttamente alle domande degli studenti, con quella ironia che lo rendono familiare a chi non l’ha mai incontrato. Le sue opere scritte: Lepanto, Caporetto, Carlo Magno, Dante … seguono la medesima logica delle altre forme di divulgazione: lo storytelling

Non serve abbandonare la quantità di nozioni, basta cambiare linguaggio e contesto. Un docente potrebbe, per esempio, affiancare ai manuali i video delle sue conferenze, usare i podcast come spunti di discussione, lasciare che gli studenti scoprano da soli un tema e poi lo presentino con parole proprie in classe. È un modo per restituire alla storia la vitalità che le appartiene: non appare più come qualcosa da “sapere”, ma qualcosa da comprendere realmente.La divulgazione alternativa … fatta di racconti, immagini, incontri: non sostituisce l’istruzione, ma la integra. Aiuta a colmare quel vuoto tra la lezione frontale e la curiosità veritiera. È forse questa la lezione più importante che Barbero offre: che la storia non si insegna solo spiegandola, ma facendola rivivere.

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