Per comprendere al meglio questo stigma, un’opera famosa su TikTok anni fa era “Cant Help Myself” dei cinesi Sun Yuan e Peng Yu. L’opera consiste in un braccio robotico chiuso in una teca di vetro che ha il compito di raccogliere un liquido rosso denso (che simula il sangue) che lentamente si diffonde sul pavimento. Non appena il liquido supera un certo confine invisibile, i sensori attivano il braccio che cerca di riportare il liquido al centro, ma la sostanza continua a fuori uscire, e il ciclo si ripete all’infinito.
Il robot simula quasi una danza, goffi o frustrati, simulando movimenti quasi umani, dando l’impressione di un corpo stanco e sofferente, A molti spettatori, soprattutto su TikTok, l’opera è sembrata strana e ridicola… perchè non somiglia a nulla di ciò che tradizionalmente viene definita “arte”, non è bella o decorativa. Tuttavia proprio questa stranezza è la sua forza: “Cant Help Myself” provoca riflessioni sul lavoro alienante, sulla fatica quotidiana e sull’inutilità apparente di certi sforzi, rispecchiando la condizione umana contemporanea fatta di routine, stress e compiti ripetitivi che non portano a risultati definitivi. La teca trasparente che contiene il robot richiama la prigionia, il controllo e la sorveglianza. L’opera sfida lo spettatore a confrontarsi con il disagio, l’angoscia e la ripetitività della vita moderna, mostrando che l’arte contemporanea non è pensata per piacere immediatamente, ma per stimolare pensiero, emozione e partecipazione attiva. “Cant Help Myself” non riproduce la realtà visibile come un dipinto o una scultura classica, ma la interpreta in modo alternativo, trasformando la percezione dello spettatore e mettendo in discussione l’idea che la bellezza o la tecnica siano gli unici criteri per riconoscere un’opera come arte. Chi la vede può sentirsi disorientato, disturbato o persino infastidito, ma proprio in questo disorientamento si nasconde la potenza dell’arte contemporanea: costringe a guardare oltre il visibile, a interrogarsi sul proprio ruolo, sulla tecnologia, sul lavoro e sulla società e a comprendere che l’arte può essere provocazione, riflessione e specchio dei tempi, anche quando appare incomprensibile o bizzarra.