Il granchio blu è ormai una delle specie invasive più temute nei mari italiani. Originario dell’Atlantico occidentale e diffuso in tutto il continente americano, è presente nel Mare Adriatico dagli anni ’40, più precisamente nella laguna di Grado. Negli ultimi vent’anni, però, questa specie marina è diventata una vera e propria calamità per l’ecosistema italiano.

“Nella Laguna di Grado e Marano e in altre zone costiere adriatiche, come la Laguna di Venezia e il Delta del Po, il granchio blu fa strage di vongole e altri organismi. Inoltre, i pescatori si trovano spesso le nasse invase dai granchi blu, cosicché seppie, crostacei e piccoli pesci non riescono più a entrare”

spiega a Materia Rinnovabile Gianluca Coidessa, funzionario tecnico del settore pesca per Confcooperative Friuli-Venezia Giulia.

“Nelle acque costiere, invece, i granchi blu si impigliano nelle reti della piccola pesca e le distruggono con le loro chele robuste. Se prima una rete durava una decina di anni, adesso non dura più di uno o due anni. Per ogni granchio i pescatori perdono una trentina di centimetri di rete, devono tagliarla e ricucirla, è un danno non solo materiale ma anche in termini di tempo”

Ma conosciamo meglio questa creatura distruttiva …

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Il Callinectes sapidus, come mostrato nell’infografica, si distingue per le chele di un intenso colore blu e per il carapace verde-oliva con sfumature brune. Nonostante le dimensioni (fino a 20 centimetri di larghezza e 15 di lunghezza delle chele) questo crostaceo si muove con sorprendente agilità grazie alle zampe posteriori appiattite, che utilizza come pale per nuotare velocemente!

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Il problema sta nel fatto che il granchio blu è un predatore estremamente vorace e adattabile: si nutre di vongole, cozze, telline, piccoli pesci e altri crostacei, ma anche di uova e larve di numerose specie locali. Per questo rappresenta una minaccia diretta per la biodiversità marina, soprattutto nelle lagune, dove le acque salmastre ne favoriscono la nascita!
Inoltre, compete con altri crostacei alterando la catena alimentare e danneggia i fondali scavando alla ricerca di cibo. Ha anche un’elevatissima capacità riproduttiva: una sola femmina può deporre fino a due milioni di uova all’anno, rendendo di fatto impossibile qualsiasi controllo naturale.

Tutto ciò ha provocato una vera e propria crisi economica. Secondo Coldiretti, la principale organizzazione degli imprenditori agricoli a livello italiano ed europeo, i danni causati dal granchio blu sono aumentati rispetto al 2024, raddoppiando rispetto allo scorso anno e raggiungendo i 200 milioni di euro, con oltre 3.000 aziende ittiche coinvolte.
Il ministro dell’Ambiente italiano, Pichetto, ha spiegato nell’articolo di SkyTg24 che si è verificata una situazione di danno notevole, con il 100% della produzione di vongole nel Delta del Po compromessa e interi allevamenti “azzerati” in Veneto ed Emilia-Romagna.
Questi dati trovano conferma anche nello studio accademico pubblicato su arXiv,“The devasting economic impact of Callinectes sapidus on the clam fishing in the Po Delta (Italy): Striking evidence from novel field data”, che segnala “sharp declines in clam production, reaching near-zero levels”.

Il granchio blu continua dunque a rappresentare una sfida significativa per le acque dell’Italia, sia dal punto di vista economico che ecologico. Anche se l’Unione Europea non ha ancora adottato misure a livello unionale, l’Italia sta cercando da ormai più di due anni di gestire la specie invasiva. Regioni come il Veneto e l’Emilia-Romagna hanno dimostrato di poter adottare misure opportune per ridurne la diffusione, ma risulta ancora fondamentale un impegno a livello nazionale e locale per affrontare l’invasione.

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